“È stato quando sono arrivata alla periferia di Arles che ho scoperto questa regione che prima non conoscevo”, dice Naïma Lecomte, che sta terminando i suoi studi presso la National School of Photography di Arles (ENSP).
“Ho prodotto questo progetto fotografico nel delta del Rodano, nella zona di Port-Saint-Louis, che si trova tra la selvaggia Camargue e la zona industriale di Fos-sur-Mer. Qui è dove si è sviluppata l’area dei capannoni”.
Costruite negli anni ’20 dai lavoratori locali, queste abitazioni precarie – senza acqua né elettricità – consentivano loro di praticare la caccia e la pesca al fine di integrare salari spesso molto bassi. Tramandati di famiglia in famiglia, sono oggi utilizzati come luogo di villeggiatura in uno dei parchi naturali più belli della Francia.
Coesistono due tipologie di capannoni. Da un lato, le capanne che formano i nuclei del villaggio lungo il canale che unisce la baia di Fos; dall’altra parte, insediamenti più sparsi in aree naturali.
“Ciò che è interessante è che ogni capannone è diverso a seconda del proprietario e degli usi” spiega Naïma, affascinata dall’architettura e dagli habitat marginali. Fatte di stranezze, queste costruzioni sembrano galleggiare sulle acque scintillanti delle saline tipiche della regione, vulnerabili all’innalzamento del livello dell’acqua e alle intemperie ma a diretto contatto con questo ambiente selvaggio. Un’occupazione che oggi pone un problema: alcuni sostengono che queste capanne appartengano al patrimonio locale, altri credono che siano una minaccia per la conservazione del parco.
Senza schierarsi, col suo progetto fotografico Naïma Lecomte preferisce dare uno sguardo tenero a queste capanne bohémien che sembrano sempre sul punto di scomparire e che richiamano un’immaginazione incantevole.
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